Questa regola è diventata per me fondamentale. L’ho scoperta ormai molto tempo fa leggendo il libro di Greg McKeown “Essentialism“, in lingua originale perché allora la versione italiana ancora doveva uscire.
Nel suo libro, Greg narra il seguente episodio:
Poco tempo fa, ho dovuto selezionare con un collega ventiquattro studenti tra i quasi cento che si erano iscritti al nostro corso Progettare la vita, essenzialmente. Per iniziare, abbiamo individuato una serie di requisiti minimi, per esempio “Può frequentare tutte le lezioni”. Poi abbiamo stabilito alcuni requisiti ideali, come “È pronto per un’esperienza che gli cambierà la vita”. In base a questi parametri abbiamo assegnato a ciascun candidato un punteggio da 1 a 10. Quelli che avevano ottenuto 9 e 10 sarebbero stati ammessi. Tutti quelli sotto il 7 sarebbero stati esclusi. A quel punto, ho avuto l’ingrato compito di valutare i candidati che si collocavano a metà strada: quelli che avevano preso 7 e 8. Mentre mi sforzavo di stabilire quali sarebbero stati abbastanza bravi, ho fatto una riflessione: se qualcosa (o qualcuno, in questo caso) è solo o quasi abbastanza buono (o bravo), la risposta dovrebbe essere no. È stata una liberazione.
Questa è la regola del 90%.
Quando valuti un’opzione, pensa all’unico e più importante criterio per decidere, e poi assegnale un punteggio da 0 a 100. Se l’hai collocata al di sotto del 90, è come se valesse 0, perciò scartala. In questo modo, eviti di rimanere impantanato nell’indecisione o, peggio ancora, di arenarti nella fascia tra il 60 e il 70.
Pensa a come ti sentiresti se avessi preso 65 su 100 in un esame: perché scegliere deliberatamente di provare la stessa sensazione per una decisione importante per la tua vita?
Per padroneggiare quest’abilità essenzialista, forse più che ogni altra presentata in questo blog essenzialista, occorre stare sempre all’erta e riconoscere l’inevitabilità dei compromessi.
Per definizione, applicare criteri estremamente selettivi significa scendere a patti: capiterà che tu debba rifiutare un’opportunità in apparenza molto buona e confidare che quella perfetta si presenterà presto. Qualche volta accadrà, qualche volta no, ma il punto è che applicare requisiti restrittivi obbliga te a scegliere quale occasione perfetta aspettare, invece di lasciare che siano gli altri, o l’universo, a decidere per te.
Come qualsiasi abilità essenzialista, ti costringe ad agire per scelta, e non per inerzia. I vantaggi in tutti gli ambiti della vita dovrebbero essere chiari: quando usiamo una rete a maglie larghe, finiamo per dedicarci a troppe opzioni.
Inoltre, assegnare un valore numerico alle varie alternative ci obbliga a decidere in maniera cosciente, logica e razionale, invece che impulsiva o emotiva. È vero, per applicare criteri rigorosi serve disciplina. Ma non farlo comporta costi altissimi. Davanti a ogni scelta personale o professionale, i Non-Essenzialisti adottano criteri impliciti o non dichiarati.
Per esempio, per selezionare quali incarichi accettare sul lavoro, potrebbero regolarsi in base al principio “Se il mio responsabile me lo chiede, allora dovrei farlo”, oppure seguirne uno più ampio: “Se qualcuno mi chiede di fare qualcosa, dovrei cercare di accontentarlo”. O più generico ancora: “Se altre persone in azienda lo stanno facendo, dovrei farlo anch’io”.
Nell’era dei social media, in cui siamo enormemente più consapevoli di cosa fanno gli altri, questo criterio può caricarci di un peso particolarmente gravoso, perché amplifica tutte le attività non essenziali a cui “dovremmo” dedicarci.
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