Prima di vincere l’oro ai Giochi Olimpici di Pechino 2008, Michael Phelps ha seguito per anni la stessa routine a ogni gara. Arrivava due ore prima. Faceva stretching e riscaldamento secondo uno schema preciso: 800 metri misti, 50 a stile libero, 600 con la tavoletta per esercitarsi nella gambata, 400 trainando un galleggiante, e altri esercizi ancora. Poi, si asciugava, infilava nelle orecchie gli auricolari e si sedeva (non si sdraiava mai) sul lettino dei massaggi. Da quel momento in poi, lui e il suo allenatore, Bob Bowman, non scambiavano più una parola fino al termine della gara.

Quarantacinque minuti prima dell’inizio, Michael indossava il costume da competizione. Trenta minuti prima entrava nella piscina di riscaldamento e nuotava per 600-800 metri. Dieci minuti prima andava nella “camera di chiamata” e si metteva a sedere in disparte, mai in compagnia. Gli piaceva che i due posti accanto al suo fossero liberi per appoggiarci le sue cose: da una parte gli occhialini, dall’altra l’asciugamano.

Quando annunciavano la sua gara, andava ai blocchi di partenza. Lì eseguiva sempre due diversi esercizi di stretching, prima a gamba distesa e poi con il ginocchio piegato, cominciando sempre dalla sinistra. A quel punto, si toglieva l’auricolare destro.

Quando lo speaker chiamava il suo nome, si toglieva il sinistro. Saliva sul blocco di partenza, sempre dal lato sinistro, e lo asciugava, ogni volta. Poi faceva oscillare le braccia in modo che le mani battessero sulla schiena.

“È solo un’abitudine” ha spiegato. “Una mia abitudine. L’ho sempre avuta. E non ho intenzione di cambiarla”. Questo è quanto. Bob Bowman ha definito insieme a lui questa routine fisica. Ma non è tutto: gliene ha assegnata anche una mentale da praticare prima di addormentarsi e appena si sveglia. L’ha chiamata “Guardare la cassetta”. Non c’era una cassetta vera, ovviamente. La “cassetta” era la visualizzazione mentale della gara perfetta. Nei minimi dettagli e al rallentatore, Phelps immaginava ogni singolo istante: dalla posizione sui blocchi di partenza, passando per ogni bracciata, fino a quando riemergeva dalla vasca, vittorioso, con l’acqua che gli gocciolava dal viso.

Phelps non ha seguito questa prescrizione di tanto in tanto. L’ha fatto ogni sera prima di andare a dormire e ogni mattina prima di alzarsi, per anni. Quando Bob voleva spronarlo durante gli allenamenti, gli urlava: “Metti la cassetta!” e Phelps si spingeva oltre i propri limiti. Alla fine, la routine mentale si era radicata così in profondità che prima di una gara Bob doveva solo sussurrare: “Tieni pronta la cassetta“. Phelps era sempre pronto a premere “Play”.

Rispondendo a una domanda in proposito, Bowman ha dichiarato: “Se chiedessi a Michael che cosa gli passa per la testa prima della gara, ti direbbe che non sta pensando a nulla. Sta solo seguendo il programma. In effetti, non è così. Piuttosto, è come se le sue abitudini avessero assunto il controllo. Quando è il momento della gara, Michael è a metà del percorso, e ha già vinto i passi precedenti. Ogni esercizio di stretching è andato come previsto. Le vasche di riscaldamento sono andate proprio come erano state visualizzate. Michael ascolta esattamente la musica che si aspetta. La gara vera e propria è solo una fase di un programma che è cominciato la mattina presto, e che prevede solo vittorie. Vincere la gara è un’estensione naturale di tutto questo”.

Alle Olimpiadi di Pechino del 2008 Phelps ha registrato un record vincendo otto medaglie d’oro. Quando ho visitato la città cinese alcuni anni dopo la sua straordinaria impresa, non ho potuto fare a meno di pensare che lui e gli altri atleti olimpionici fanno sembrare facili queste incredibili prodezze. Certo, si presume che si allenino più a lungo e più duramente di qualsiasi altro sportivo al mondo, ma quando entrano in piscina, o in pista, o nell’anello, lo fanno apparire di una semplicità positiva. È più di un’estensione naturale dell’allenamento a cui si sottopongono. È la testimonianza della genialità della routine giusta.

I Non-Essenzialisti pensano che le cose essenziali si realizzino soltanto forzandole, che l’esecuzione sia una questione di duro lavoro, e basta. Ti rimbocchi le maniche per raggiungere l’obiettivo. Insisti. Il metodo essenzialista è diverso.

L’Essenzialista progetta una routine per svolgere le attività che ha individuato come essenziali, e questa è l’impostazione predefinita. È vero, in alcune situazioni deve comunque lavorare sodo, ma ogni sforzo porta a risultati esponenzialmente più grandi.

Bibliografia:
Essentialism di Greg McKeown

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